Recap dei primi due giorni dello scontro legale tra Craig Steven Wright e l’organizzazione no-profit COPA.
Si attende un lungo processo destinato a durare diverse settimane tra Craig Steven Wright e l’organizzazione no-profit COPA, i cui trascorsi sono stati riportati nell’approfondimento di Atlas21. La sentenza finale del giudice britannico James Mellor non dovrebbe arrivare a breve.
Durante il primo giorno del processo era previsto che ogni parte presentasse le proprie argomentazioni. Il secondo giorno è iniziata l’esposizione della difesa da parte di Wright, oltre all’esame dei testimoni chiamati dallo stesso sedicente Satoshi Nakamoto: quest’ultima fase proseguirà fino a martedì 17 febbraio.
In apertura di udienza, nel corso del primo giorno, la COPA ha presentato le prove dei documenti falsificati da Wright. L’elenco delle presunte falsificazioni è lungo. Dalla lista risulta che Wright avrebbe retrodatato documenti, falsificato file e impiegato software che Satoshi Nakamoto non avrebbe potuto utilizzare. In alcuni casi la falsificazione dei documenti parrebbe evidente: Wright avrebbe utilizzato come prova una nota scritta a mano che indicava dei test per implementare le firme EdDSA nel protocollo Bitcoin: tale algoritmo di firma è stato rilasciato solo nel 2011, due anni dopo la pubblicazione del codice sorgente di Bitcoin.
In seguito alle dichiarazioni della COPA, gli avvocati di Wright hanno presentato le loro argomentazioni: il team legale dell’imprenditore australiano ha voluto affermare che il loro cliente condivide sia la filosofia di Satoshi Nakamoto, che le competenze che ci si aspetterebbe dall’inventore di Bitcoin.
Insieme a queste dichiarazioni sono state presentate le testimonianze oculari di Jon Matonis e Gavin Andresen, i quali avrebbero assistito a un processo di firma di dati con chiavi private che solo Satoshi Nakamoto avrebbe potuto avere.
La difesa ha inoltre sostenuto che è plausibile che Wright non abbia più accesso a ulteriori prove crittografiche che dimostrino la sua identità dopo che l’imprenditore australiano ha distrutto gran parte delle prove contenute in un hard disk in seguito a un crollo mentale che lo ha quasi portato al suicidio.
L’ultima parte del primo giorno in tribunale ha riguardato il recente ritrovamento di 97 documenti emersi a sostegno della tesi di Wright. Il giudice Mellor ha accettato la richiesta di presentazione di tali prove. Per la COPA i nuovi documenti sono emersi solo dopo che le precedenti prove si erano rivelate false.
Secondo alcuni utenti tra cui Hodlonaut, l’approvazione del giudice alla presentazione di questa ultima serie di “prove” può essere interpretata solamente come una mossa per evitare qualsiasi possibilità di ricorso da parte di Wright.
Come previsto dagli avvocati della COPA, anche gran parte dei documenti contenuti nell’ultima serie di prove si sarebbe rivelata falsa.
Secondo gli esperti di entrambe le parti, 71 dei 97 documenti provenienti dal revisore BDO sono stati manipolati e/o retrodatati. La COPA si è opposta alla presentazione dei restanti 26 documenti data la scarsa qualità dei precedenti.
Il secondo giorno è iniziato con la difesa da parte di Wright. Come prima dichiarazione, l’imprenditore australiano ha affermato di non aver mai falsificato un documento per supportare la sua tesi. Wright ha dichiarato che i segni di modifica sui documenti suggeriscono come questi non siano stati falsificati:
“Se avessi falsificato il documento, sarebbe perfetto.”