Sfruttare il calore proveniente dal fondale marino per generare energia elettrica. Intervista a Diego Paltrinieri, co-founder di Athanor Geotech.
“L’Italia presenta un enorme potenziale dal punto di vista dell’energia geotermica, forse è secondo solo all’Islanda, agli Stati Uniti e alle Filippine. Purtroppo però siamo rimasti incredibilmente indietro in questo ambito”.
Ad affermarlo è Diego Paltrinieri, geologo marino, imprenditore e co-founder di Athanor Geotech, che ha parlato ai microfoni di Atlas21.
Lo studio del vulcano Marsili
L’energia geotermica rappresenta un settore ricco di opportunità per l’Italia: produrre energia elettrica dal calore generato dalle strutture vulcaniche sottomarine potrebbe coprire una porzione significativa del fabbisogno energetico nazionale.
Athanor Geotech è una startup nata nel 2023 che affonda le sue radici in un’idea nata circa 20 anni fa, riguardante la geotermia marina nella zona del Mar Tirreno meridionale, e in particolare sul sistema Marsili che, situato tra Palermo e Napoli, è il più grande vulcano sottomarino d’Europa.
Nel 2006 questo team scientifico coordinato da Paltrinieri ha organizzato una spedizione di due settimane (finanziata privatamente) nel Mar Tirreno meridionale nella zona del Marsili. I risultati hanno dato il via libera al primo permesso di ricerca al mondo per produrre energia geotermica off-shore.
Ma racconta Paltrinieri:
“Probabilmente eravamo partiti troppo presto, almeno per un Paese come il nostro”.
Diversi fattori hanno infatti successivamente fermato il progetto. Tuttavia, la conoscenza appresa dal team durante quel periodo è rimasta. “Avendo visto un’apertura e una sensibilizzazione nel dibattito pubblico – spiega Paltrinieri – tre anni fa abbiamo ricomposto il team tecnico-scientifico, lo abbiamo allargato e da lì è nata Athanor Geotech a inizio 2023”.
Il potenziale italiano
Secondo le valutazioni dell’UGI (Unione Geotermica Italiana), l’energia geotermica estraibile in Italia entro i primi 5 km di profondità è stimata, come minimo, tra i 5.800 e i 6.000 TWh termici. Un altro grande potenziale di produzione proviene dallo sfruttamento off-shore, che potrebbe essere di un ordine di grandezza pari o superiore a quello on-shore.
Tuttavia per il sottoinsieme di applicazioni geotermiche per la generazione di energia elettrica, energeticamente più “pregiate”, Paltrinieri sottolinea che non è sufficiente avere solo un grande flusso di calore, ma devono esistere le condizioni per la presenza di reservoir geotermici confinati, cioè dei “contenitori d’acqua”, altrimenti lo sfruttamento diventerebbe estremamente difficoltoso.
“Ad esempio sul Marsili, con il permesso di ricerca, abbiamo accertato la presenza di un enorme reservoir di fluidi geotermici ad alta entalpia e ricaricabile, di circa 100 km3, all’interno di rocce basaltiche fratturate“.
A livello di ordini di grandezza, secondo alcuni dati pubblicati su riviste internazionali, la quantità di energia termica generata dalla geotermia off-shore è all’incirca pari alla metà del fabbisogno energetico globale annuale, stimato a circa 580.000.000 TJ.
Il crescente interesse per le potenzialità della geotermia in Italia sembra iniziare a raggiungere il dibattito pubblico. Ad aprile il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha evidenziato il grande potenziale del Paese nel settore e ha sottolineato la necessità di portare avanti politiche più forti da questo punto di vista. Un altro aspetto che fa ben sperare è la risoluzione del Parlamento Europeo sull’energia geotermica. “Con questa risoluzione il Parlamento impegna la Commissione e il Consiglio europeo a incentivare le politiche per la geotermia sia per la produzione che per la gestione“, ha spiegato Paltrinieri.
La generazione di energia elettrica
La produzione di energia geotermica, nella sua forma più tradizionale, si basa sull’estrazione di fluido geotermico ad alta temperatura che, mediante processi diversi, va ad alimentare le turbine per generare elettricità. Il fluido geotermico residuo, se contiene elementi chimici specifici (quali metalli, litio e terre rare), può essere ulteriormente sfruttato.
Il nostro lavoro, come spiega Paltrinieri, “consiste nel caratterizzare in modo preciso il campo geotermico da coltivare, assicurandosi che il sistema individuato sia in grado di autoalimentarsi e rimanere produttivo per decenni“.
È da sottolineare una differenza fondamentale tra on-shore e off-shore. Mentre i pozzi on-shore a temperatura medio-alta producono circa 5-6 MW a pozzo, nella parte off-shore, dove le temperature possono superare i 400°C, la produzione media può raggiungere anche i 50-60 MW a pozzo. Quindi, pur con una spesa iniziale maggiore, si ha un ritorno produttivo più elevato rispetto all’on-shore.
I progetti in fase di studio
Oggi Athanor Geotech è focalizzata sulla zona delle Isole Eolie che presenta un alto flusso di calore (uno dei più alti del Mediterraneo e dell’Europa) e molte manifestazioni di fluidi geotermici presenti tra Salina, Panarea, Lipari e l’Isola di Vulcano. I progetti che l’azienda sta tenendo d’occhio sono di dimensioni più contenute rispetto al progetto Marsili, più impegnativo sia dal punto di vista dell’investimento che della produzione. “È strategico portare avanti progetti nelle aree di Panarea o Lipari in ambito on-shore e successivamente spostarsi quasi naturalmente verso l’off-shore”, ha affermato Paltrinieri.
Ad esempio, a Panarea, spostandosi di soli un centinaio di metri in profondità, è possibile trovare manifestazioni idrotermali con fuoriuscite di fluidi geotermici oltre i 120-150°C.
A proposito del progetto Marsili, Paltrinieri è consapevole che “non si tratta di qualcosa a breve termine, data la sua complessità”.
Vi sono anche altre aree nel Mediterraneo dove si possono attivare progettualità nel campo geotermico anche relativamente al dominio off-shore, come in Spagna o in Grecia.
I Paesi all’avanguardia
“La parte pubblica dovrebbe favorire le condizioni per l’investimento iniziale del pozzo esplorativo, che è il più costoso e il più complesso per chi investe, specie relativamente alla parte autorizzativa e regolatoria”, ha affermato Paltrinieri.
Paesi come Indonesia, Filippine, Stati Uniti, Islanda, Nuova Zelanda, Turchia e Kenya, hanno definito delle strategie nazionali che hanno permesso l’investimento e lo sviluppo di diversi GW di energia geotermica.
“L’Islanda è molto avanti nella geotermia, soprattutto nella parte on-shore. Tra i progetti più importanti c’è l’IDDP (Iceland Deep Drilling Project), un progetto portato avanti dal governo insieme alle istituzioni scientifiche più importanti, che punta a perforare fino a 5 km di profondità per raggiungere condizioni supercritiche dei fluidi geotermici, molto più calde di quelle sfruttate finora”.
Il ruolo del mining di Bitcoin
Come spiegato da Paltrinieri, una delle possibilità prese in considerazione è la creazione di piattaforme off-shore con hub polifunzionali. Oltre alla produzione di energia elettrica da fonte geotermica, questi centri potrebbero integrare anche la generazione eolica, solare e attività estrattive minerarie.
Un’altra opzione molto interessante sarebbe quella di includere in questi hub polifunzionali anche dei data center per l’elaborazione di dati e, perché no, anche per il mining di Bitcoin, che, come diversi studi hanno già dimostrato, potrebbe fungere da acquirente di corrente elettrica di ultima istanza per assorbire eventuali eccessi di produzione energetica di un impianto. Riguardo all’energia geotermica non può non essere preso in considerazione anche El Salvador, dove il connubbio tra lo sfruttamento di tale risorsa e il mining è già realtà almeno nel dominio on-shore. Le potenzialità off-shore potrebbero rappresentare un capitolo totalmente da esplorare e di notevole interesse per future iniziative di sfruttamento.
Alcuni paper hanno inoltre dimostrato che il mining può promuovere l’adozione di energie rinnovabili come l’eolica e il solare, rendendo profittevoli tali progetti. La stessa logica può quindi applicarsi a maggior ragione anche agli impianti geotermici on-shore e off-shore che sono caratterizzati da una produzione di energia elettrica costante per tutta la loro vita utile di funzionamento.
“Noi crediamo che il mining di Bitcoin in forma behind-the-meter (ovvero adiacente alle unità di produzione) possa migliorare l’efficienza energetica e aiutare dal punto di vista economico progetti che sfruttano l’energia geotermica”.