Un nuovo report rivela una discriminazione sistemica nel settore, mentre si spera in un cambio di rotta con la nuova amministrazione Trump.
Un recente studio dell’Alternative Investment Management Association (AIMA) ha rivelato che tre quarti degli hedge fund focalizzati sui digital asset stanno affrontando grosse difficoltà nell’accesso ai servizi bancari tradizionali.
Lo studio, citato dal Wall Street Journal, evidenzia come circa 120 su 160 fondi crypto intervistati abbiano riscontrato ostacoli nelle loro relazioni bancarie negli ultimi tre anni, dalle comunicazioni ambigue fino alla chiusura improvvisa dei conti, spesso senza chiare giustificazioni. Quando fornite, le motivazioni si sono concentrate sulla riluttanza delle banche a essere associate al mercato delle criptovalute.
Matt Hougan, Chief Investment Officer di Bitwise, ha commentato:
“È un sollievo vedere finalmente questa questione discussa apertamente. Tutti nel settore crypto hanno assistito a questa situazione in tempo reale, ma quando si cercava di parlarne, le persone scrollavano le spalle o suggerivano che ce lo stessimo inventando”.
Paul Grewal, Chief Legal Officer di Coinbase, ha sollevato interrogativi sulla disparità di trattamento, sottolineando come questo pattern suggerisca una possibile esclusione sistematica delle entità crypto dal sistema bancario tradizionale.
La situazione, che molti nel settore definiscono Operation Chokepoint 2.0, potrebbe però vedere una svolta con l’arrivo della nuova amministrazione Trump, più favorevole al settore crypto. David Sacks, neo-nominato Czar per AI e Crypto, ha già evidenziato la necessità di investigare queste pratiche bancarie restrittive, riconoscendo i danni inflitti alle imprese del settore.