Secondo alcuni esperti del mondo accademico e dell’industria tecnologica la Cina dovrebbe rivalutare la sua posizione sul ban sulle criptovalute imposto nel 2021.
Nel 2021 la Cina ha imposto un ban totale sulle criptovalute, incluse tutte le transazioni e l’attività di mining. Il divieto ha portato a un esodo delle operazioni di mining verso giurisdizioni più favorevoli come gli Stati Uniti, il Kazakistan e il Canada. Nonostante il divieto, il mining e l’utilizzo di criptovalute nel Paese persiste.
Di recente figure di spicco nel mondo accademico e dell’industria tecnologica stanno esortando il governo cinese a riconsiderare il suo divieto sul mining. Tra queste, Wang Yang, Vice Presidente dell’Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong, che ha criticato il ban, definendolo “molto poco saggio”.
Durante l’evento HashKey New Vision, Yang ha dichiarato che la Cina dovrebbe riconsiderare la sua posizione, suggerendo che il divieto ha apportato benefici economici agli Stati Uniti e non ha risolto i problemi energetici e ambientali del Paese.
“Tale divieto ha spinto molte società di mining a trasferirsi negli Stati Uniti, portando a una perdita di oltre $4 miliardi in entrate fiscali per la Cina”.
Wang ha proposto che le imprese statali possano partecipare alle operazioni di mining o acquisire quote in tali società per diversificare la loro attività.
Secondo Wang la possibilità di una rielezione di Donald Trump potrebbe portare a politiche più favorevoli per gli asset digitali, indicando la necessità per la Cina di rivalutare la sua posizione sul mining.