Un’udienza di due giorni stabilirà il futuro del fondatore di WikiLeaks: potenziali esiti e implicazioni.
Il 20 e 21 febbraio si terrà presso un tribunale inglese la conclusione del processo iniziato a febbraio 2020 sul caso del giornalista, hacker e programmatore australiano Julian Assange, fondatore di WikiLeaks.
In questi due giorni l’Alta Corte di Giustizia britannica si riunirà per considerare l’istanza d’appello presentata in precedenza dai legali di Assange al fine di evitare l’estradizione negli Stati Uniti.
I possibili esiti saranno due: l’estradizione negli Stati Uniti o la possibilità di un nuovo processo di durata non definita per riesaminare la sua situazione.
Nel caso in cui la Corte britannica opti per l’estradizione, non ci saranno altre possibilità di ricorso nella giurisdizione inglese. L’unica possibilità rimasta sarà rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), dove i legali di Assange hanno già presentato un appello in attesa della decisione della Corte londinese.
Tuttavia, il processo di estradizione potrebbe avvenire immediatamente senza attendere il parere della CEDU. In caso di estradizione, Assange dovrà affrontare il processo presso il tribunale di Alexandria, Virginia. Tale giurisdizione, oltre ad essere geograficamente vicina alla sede della CIA, è storicamente riconosciuta per il suo legame con l’agenzia. È da sottolineare come in tutte le cause precedentemente dibattute nel tribunale di Alexandria relative a presunti crimini a danno della CIA, la decisione è sempre stata unanime in favore della condanna.
Per Assange significherebbe passare il resto della vita in una cella di isolamento di una prigione di massima sicurezza, con il rischio di un suo possibile suicidio.
Al contrario, una decisione favorevole alla riapertura del caso equivarrebbe a posticipare momentaneamente la richiesta di estradizione e riporterebbe il procedimento legale di fronte a un nuovo giudice distrettuale, il quale avrebbe il compito di rivalutare il verdetto di primo grado di gennaio 2021.
Dal 2019 Assange è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito.
A gennaio 2021, il giudice distrettuale Vanessa Baraitser ha respinto la richiesta di estradizione americana mediante un verdetto di primo grado. A distanza di undici mesi, l’Alta Corte di Londra ha sovvertito la decisione iniziale, accettando il trasferimento di Assange.
A giugno 2022, l’allora Ministro degli Interni Priti Patel ha firmato l’ordine di estradizione emesso qualche mese prima dal Tribunale dei Magistrati di Londra. In seguito, i legali di Assange hanno avanzato ricorso, presentando 16 motivi per invalidare tale richiesta.
Qualora venisse rigettato il ricorso, Assange si troverebbe a fronteggiare la prospettiva di 175 anni di reclusione. Le accuse a suo carico comprendono 18 capi d’accusa, tra cui il reato di complicità nella violazione dei file del Pentagono e la violazione della legge sullo spionaggio.
Su X è possibile seguire la diretta delle manifestazioni in favore di Assange fuori dal tribunale inglese.
Secondo alcune analisi on-chain, negli anni l’organizzazione avrebbe ricevuto in donazioni oltre 4.000 bitcoin.