Origini, storia ed evoluzione del più importante strumento di cooperazione sociale: la moneta.
Nelle prime forme di società, prima dell’avvento del denaro, le transazioni economiche erano gestite in modo totalmente diverso rispetto a oggi. L’economia del dono era spesso la pratica dominante: i beni venivano scambiati liberamente senza un ritorno economico, ma spesso in base al riconoscimento sociale dei vari individui all’interno delle comunità.
Man mano che le forme di società si sviluppavano, l’economia del dono iniziò a mostrare le sue limitazioni, soprattutto a causa della sua inefficacia in contesti più ampi o tra gruppi che non avevano legami preesistenti. Lentamente, le persone adottarono il sistema del baratto, in cui i beni e servizi erano scambiati direttamente.
Perché nasce il denaro
Il sistema del baratto, nonostante fosse un’evoluzione rispetto all’economia del dono, presentava ancora notevoli limitazioni. Il problema più importante era la necessità della “doppia coincidenza dei bisogni“: per effettuare uno scambio, due parti dovevano desiderare reciprocamente quello che l’altra offriva. Questo creava inefficienze e limitava la scala e la velocità degli scambi. Per superare queste sfide, si arrivò all’invenzione della moneta, un mezzo di scambio comunemente accettato che poteva essere diviso e accumulato. Le prime forme di moneta erano diverse in base alla cultura e alla regione della società.
La prima vera forma di moneta fu la “moneta merce”, vale a dire merci specifiche come bestiame, grano o sale che venivano utilizzate come mezzo di scambio. Questo consentì una maggiore mobilità nelle transazioni, permettendo anche scambi indiretti.
Le merci utilizzate negli scambi erano beni che dovevano possedere delle caratteristiche particolari:
- lunga durabilità per evitare la perdita di valore;
- vasta diffusione per assicurare l’ampia accettazione;
- facile verifica delle loro qualità per ridurre incertezze durante il pagamento.
Le merci di scambio, sebbene costituissero un considerevole avanzamento rispetto al baratto, avevano però dei limiti evidenti: portabilità, divisibilità ed erano soggette a perdite di valore dovute a fattori ambientali o stagionali.
La svolta si ebbe con l’introduzione dei metalli preziosi, come oro ed argento, negli scambi commerciali. I metalli, grazie alle loro caratteristiche – durabilità, facilità di trasporto, divisibilità, relativa scarsità – si adattavano perfettamente al ruolo di mezzo di scambio.
La vera evoluzione si ebbe con la coniazione, ovvero la trasformazione dei metalli preziosi in moneta metallica. Essa sanciva un valore stabilito ed uguale per ciascun pezzo, facilitava ulteriormente la portabilità e consentiva una certezza nel valore del bene di scambio.
Alla fine, lo standard aureo divenne dominante, permettendo una certa stabilità e convenienza nel commercio.
L’oro si affermò come moneta principale di scambio per una serie di ragioni intrinseche alle sue caratteristiche. Prima di tutto l’oro è un metallo raro, che richiede grandi sforzi per essere estratto. Inoltre ha una durata eccezionale essendo in grado di resistere alla corrosione e all’ossidazione – qualità cruciale per una riserva di valore conservabile. L’oro è anche divisibile, il che lo rende adatto alla coniazione di monete. Tutti questi fattori hanno contribuito a far sì che l’oro si affermasse come standard per le transazioni economiche per gran parte della storia.
L’evoluzione del denaro
Con l’evoluzione dei sistemi economici, l’esigenza di un mezzo di scambio più maneggevole dell’oro divenne evidente.
Fu la Cina del VII secolo che fece il primo passo significativo in questa direzione con l’introduzione del denaro cartaceo, o banconote. Le banconote erano inizialmente promesse di pagamento a vista, rappresentando una quantità specifica di oro depositata in banca. Questo consentiva di effettuare transazioni senza dover trasportare fisicamente l’oro, facilitando così il commercio e l’economia. Man mano che i sistemi bancari diventavano più strutturati e diffusi, le banconote divennero la forma dominante di denaro nel XVIII, segnando un punto di svolta nell’evoluzione del denaro.
Le banche si accorsero presto di poter emettere un valore nominale in banconote superiore al corrispettivo che avrebbero potuto coprire con le loro riserve auree. Questa pratica, nota come riserva frazionaria, è la base del sistema bancario moderno. Le banche si fidavano del fatto che non tutti i possessori di banconote avrebbero richiesto contemporaneamente il loro oro. Tuttavia, questo sistema comportava dei rischi. Se per qualsiasi motivo la fiducia nella banca si fosse indebolita, ci sarebbe stata una corsa agli sportelli. Se le richieste avessero superato le riserve auree della banca, avrebbero portato a un potenziale fallimento.
Da qui divenne naturale il passaggio a quello che è passato alla storia come Gold Standard: in questo caso veniva usata cartamoneta totalmente convertibile in oro, dal momento che il valore in oro della moneta emessa era pari alla quantità di oro conservata dalla banca centrale.
La prima nazione ad adottare tale sistema monetario fu la Gran Bretagna, seguita a sua volta dalla Germania.
Nel 1914 l’inizio della Prima Guerra Mondiale segnò l’abbandono della piena convertibilità della moneta in oro in diversi paesi, ad eccezione degli Stati Uniti. Da quel momento, soltanto una frazione del circolante risultava coperta in oro. Tale riduzione della riserva aurea facilitò l’espansione della base monetaria che ebbe lo scopo di finanziare le ingenti spese militari.
Nel 1924 e nel 1925 la convertibilità fu ristabilita sia in Germania che in Gran Bretagna, ma a causa della depressione del 1929, a partire dal 1931 i Paesi decisero di sospendere il Gold Standard.
Nel frattempo, gli Stati Uniti erano diventati la principale potenza economica mondiale e, nel 1944, con gli accordi di Bretton Woods, il Gold Exchange Standard sostituì il Gold Standard, con il dollaro statunitense che divenne la valuta di riferimento.
Il Gold Exchange Standard, cioè il sistema basato sui rapporti di cambio fissi tra tutte le valute agganciate al dollaro (a sua volta agganciato all’oro) trovò il benestare di tutti i Paesi che affiancarono alle riserve auree delle banche centrali, riserve in dollari statunitensi.
Anche questo sistema monetario non durò a lungo. Nel 1971, il presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, terminò la convertibilità del dollaro in oro, ponendo definitivamente fine all’era del Gold Exchange Standard. L’evento divenne noto come il “Nixon Shock” ed inaugurò l’era delle valute fiat, valute basate sulla fiducia che le persone ripongono nelle istituzioni che le emettono.
Il termine fiat deriva dal latino e può essere tradotto come “che sia fatto”; sostanzialmente indica un ordine dato dal governo, “fatto per decreto”.
Le valute fiat non hanno alcun sottostante e le banche centrali possono regolare la loro offerta per gestire l’economia, rispondendo a crisi economiche, guerre, inflazione o deflazione.
La nascita di Bitcoin
In un contesto mondiale soggetto all’instabilità dei cicli economici e contraddistinto dalle crescenti disparità di ricchezza, l’avvento di Bitcoin rappresenta un possibile elemento di rivoluzione. La sua architettura rappresenta un’alternativa tangibile ai problemi legati alla moneta fiduciaria, offrendo una serie di prerogative che potrebbero condurre a un sistema economico più equo e stabile.
A differenza della moneta fiduciaria, la cui emissione a discrezione delle autorità monetarie può essere teoricamente infinita, la quantità massima di bitcoin è vincolata a un limite fisso di 21 milioni di unità. Questa restrizione innata esclude il pericolo di un’inflazione alimentata dalla produzione incessante di nuovo denaro, neutralizzando di conseguenza gli effetti delle distorsioni introdotte dall’effetto Cantillon e promuovendo un sistema economico più imparziale per ogni partecipante.